La Rocca di San Secondo

Grande e magnifico, con tutte le mura da basso a cima, grosso di ventiquattro piedi, massiccio con quattro baluardi difesi dalle sue mezze lune con maschio nel mezzo, grosso trentasei piedi tutto massiccio, senza la terra che era tutta cinta di grosse mura con sette baluardi", questo è il castello di San Secondo nella descrizione di Gerolamo Rustici, poeta piacentino alla corte di Pier Maria I Rossi. La desccrizione corrisponde all'immagine dipinta nella favolosa Camera d'Oro di Torrechiara, dove Gerolamo Brembo raccoglie, in un trionfale affresco, tutte le rocche che si levavano sui feudi rossiani.

La costruzione del castello comincia con Beltramdo Rossi intorno al 1385. La roccaforte si trova in una posizione di rilevante interesse strategico e commerciale sopra il ramo della via Francigena che unisce Milano a Parma, proseguendo poi verso Roma, attraversate Bologna e Firenze. Appena a oriente scorre il Taro, che sta per confluire sulla destra del Po, navigabile fino alla foce.

Con Troilo I (feudatario dal 1502 al 1521) e con i successori Pier Maria III (1521-1547) e Troilo II (1547-1591) i Rossi di San Secondo si imparentano strettamente con le più importanti famiglie italiane - i Riario, gli Sforza, i Medici, i Gonzaga, i Rangone - e l'antico castello di difesa viene trasformato in signorile residenza rinascimentale. La Corte di San Secondo per tutto il XVI secolo resta aperta alla collaborazione ed al mecenatismo di artisti e letterati insigni, da Pietro Bembo a Francesco Mazzola detto il Parmigianino, da Benvenuto Cellini al sommo Pietro Aretino, il flagello dei Principi.

Tutte le Sale vengono abbellite con notevole sfarzo. Suggestiva la Sala dell'Asino d'Oro (1530 ca.) con l'originale ed unica rappresentazione a fresco dell'omonimo romanzo di Apuleio, diciassette quadri per un autentico fumetto ante litteram. Coeva è la Sala dei Cesaari, lo studiono del Conte Pier Maria III, di evidente scuola mantovana (allievi di Giulio Romano).

Nella Galleria di Esopo e nelle Sale delle Favole l'iconografia riflette i momenti politici vissuti dalla famiglia negli anni quaranta con feroci allusioni ai contrasti con il potere costituito (leggasi il Papa, Paolo III, Alessandro Farnese).

Le Sale di rappresentanza sono ispirate alla mitologia classica, allegoria del rimpianto per le posizioni perdute ed anche spietata autoctica per ingraziarsi i Farnese, nuovi signori di Parma (Orazio Sammacchini e altri artisti della Scuola Bolognese).

La grandiosa e magnifica Sala delle Gesta Rossiane, con il suo imponente apparato pittorico (circa 1200 mq di affreschi) celebra, con malcelate allusioni ad una pace generale, la grande storia e le grandi imprese della nobile famiglia dal 1199 al 1542 (Cesare Baglione, Jacopo Bertoja, Giovan Antonio Paganino, Ercole Procaccini).


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