STORIE,
ANEDDOTI E BATTUTE |
STORIE
DELL'AMBIENTE DI LAVORO |
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La
maggior parte del tempo utile si passa nell'ambiente di lavoro che, per questo
motivo, diventa un luogo privilegiato per conoscere gente e osservare
situazioni.
PENSIONATI
Al
Servizio Manutenzione della Barilla, l’azienda in cui ho lavorato parecchi
anni, vige la simpatica tradizione di salutare coloro che vanno in pensione con
una bicchierata, che si svolge in officina, dopo l'orario di lavoro. E'
organizzata da un comitato in cui i compiti sono distribuiti in base alle
competenze.
Quelli
del comitato organizzatore riescono talvolta a convincere il collega e poeta
Fausto Bertozzi a scrivere qualcosa per l'occasione. Egli, quando può, li
accontenta anche se il suo "manager" lo consiglia di non scrivere
troppo. Fortunatamente però è un po' testone e non sempre gli dà retta. Così,
quando lo prende l'estro, butta giù di getto alcune pagine di poesia nelle
quali, con singolare abilità, riesce a cogliere i tratti più caratteristici
del festeggiato. Sono rime con pezzi di poesia che nascono da una felice miscela
di sentimento, ironia e un'"arlìa"
che non offende nessuno.
Questo
che segue è un esempio della sua abilità di creare immagini espressive. Per
dire che Camillo Saccani non soltanto è un buon amico ma che è uno di quelli
come ce ne sono pochi, ecco l'immagine della mano del falegname che, a causa di
incidenti sul lavoro, non di rado manca di qualche dito.
"I ragas tipo Sacàn
(i
ragazzi come Saccani
a t'ja cont sora 'na man,
li
conti sopra una mano
mo 'na man da maringón
ma
una mano da falegname
con tri did e du scurtón."
Con
tre dita e uno troncato)
Quella
dedicata a Clementina Bonazzi è, a mio parere, autentica poesia. Inizia così:
"S'at fuss nasuda un fior 't sariss 'na
vióla |
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Nei
saluti c'e' sempre un po' di malinconia ma a scacciarla ci pensa Bruno Dodi,
exmeccanico ora in pensione.
Un
collega gli chiese:
"E ti,
cme t'vala in pensiòn, Bruno ?" (come ti va
in pensione?)
"Molto
bene; a pära ch'a sia sempor stè al me mester".
(sembra
sia sempre stato il mio mestiere)
"At gh'é
un bel color". (hai un bel colore)
"Ades a
gh'ò 'l temp äd därogh do man". (ho il tempo
per due mani)
"E la
salute cme vala ?"
"Ben, mo
sta migh strajär la voza, as fa tant prest."
(bene,
ma non dirlo in giro. Si fa tanto presto)
"E' vera che adateros a fär al pensionè agh
vol al so temp ?"
(è vero che adattarsi alla
pensione richiede il suo tempo?)
"As capissa ch'agh vol al so temp. Mi gh'ò
miss trenta second; al temp äd caverom la tuta."
(certo.
Io ho impiegato trenta secondi: il tempo di cavarmi la tuta)
"E pär via dal pär via ?"
"Gnanca pu col lorètt". (nemmeno
più con l’imbuto)
Un
collega rideva per la battuta e Bruno lo rimbeccò:
"At pol
vansär äd riddor tant; a ca' tovva l'é un pés ch'a s' canta
"Beati morti".
(è
inutile che tu rida tanto a casa tua già da tempo si canta “Beati morti”,
famosa orazione funebre cui i parmigiani danno anche uno spiritoso senso
figurato).
Poi
aggiunse:
"Ti, at
pol dir dabòn la preghiera däl pensionè!"
(tu
puoi recitare la preghiera del pensionato)
"Cme ela
?", gli chiesi
incuriosito.
"At
ringrassi al me Signor ch'at m'è castrè sensa dolor"
(Ti
ringrazio Signore perché mi hai castrato senza dolore)
C'è
chi lo stuzzica:
"Bruno,
è vera che al Castlètt a magnevov il ponghi ?"
(è
vero che al Castelletto mangiavate le tope?)
"No,
parchè agh seron afesionè; a s' gnäva su ragass insemma".
(no,
ci si affezionava, si cresceva assieme)
Ormai
lanciato sui vecchi tempi continua:
"Mi stäva int 'na bela ca',
diviza ben. Gh'era cambra e cuzenna, granär e canten'na, tutt int 'na stansa !
A gh'era di mur acsì sutil che al gioron d'incò agh sariss d'aver paura a färogh
contra il diapositivi."
C'era
uno che rideva più degli altri e allora Dodi gli disse:
"Stà
miga riddor tant ti, ch'at stäv int 'na ca' con 'na scäla acsì bela che, pr'andär
su dritt, agh vräva vón sòp." (non ridere
tanto, tu abitavi in una casa con una scala così fatta male che per andar su
dritti ci voleva uno zoppo) Poi continuò:
"L'era 'na ca' tanta sporca che j
inquilén i s' pulivon i pè a 'ndär fora".
(era
una casa tanto sporca che gli inquilini si pulivano i piedi quando uscivano)
Bruno
notò che, stranamente, c'era un collega che si limitava nel bere vino e allora
gli chiese se per caso non si sentisse bene. L'altro spiegò che non aveva
problemi, ma si limitava perchè non gli piaceva come ci si sente la mattina
dopo di un giorno in cui si è bevuto più del necessario. |
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"Quand a bev, la maten'na dopa
am sent invèrs, con la bocca guasta e la lengua impastäda."
(quando bevo, il mattino dopo ho la bocca impastata)
Dodi
gli insegnò un sistema infallibile, inventato da un suo amico del Castelletto,
detto al "Pastiser", proprio per evitare le conseguenze postume
di una bevuta:
"A la maten'na dopa,cme te t' lév,
bizogna salterogh adoss con mez fiasch äd Frascati; a va a post tutt." (il mattino dopo, quando ti alzi, devi
aggredire con un mezzo fiasco di Frascati; va tutto a posto)
Ha
avuto disturbi di cuore e si tiene controllato con visite frequenti. Durante una
di queste visite lo specialista, il prof. Botti, lo interrogava sulle sue
abitudini alimentari; gli chiese anche se beveva alcolici.
"A la
sira a bev un whisky parchè al zlärga il coronärji".
(alla
sera bevo un Whisky perché allarga le coronarie)
"La buza
al zlärga !". (La "fossa" allarga)
In
officina era presente anche un amico assieme al quale aveva comperato del vino
bianco dolce. Questi aveva avuto dei problemi a motivo della cantina poco
adatta.
"Bruno,
t'el scapè anca a ti al vén ?" (Bruno è
scappato anche a te il vino?)
"Si,
anca a mi; al m'è scapè bvù !" (sì, mi è
scappato bevuto)
Stavo
allungando una mano per prendere una "scaglia" di formaggio grana.
Dodi, che mi aveva visto, mi mise in guardia affinché non mi aspettassi
risultati afrodisiaci:
"Stà 'tenti Giuzép, ch'al n'é
miga pù al formaj äd 'na volta. Miga speterot dill gran prestasiòn".
(stai attento che il formaggio non è più
quello di una volta)
"Catlan,dà
chi 'l diluént".
(Dammi il "diluente")
Bevuta
la grappa, riferisce di una sua visita ad uno stabilimento del sud che sorge in
una bella vallata tutta coltivata a grano duro ma, proprio per questo, dotata di
pochi alberi. Bruno lo spiega a modo suo
"Ragas
son ste' a Melfi. A gh'é i can ch'j en disprè: an gh'é gnan na pianta a pagärla
un miliòn".
Non
manca mai Valori, il tubista che quando aveva occasione di tagliare dei tubi
intasati dal calcare scuoteva la testa osservando le stratificazioni e
commentava:
"E
mi ch'a beva äd l'aqua?". (e io dovrei
bere l’acqua?)
Appena
lo vide Dodi gli chiese premurosamente notizie:
"
Cme vala valori?". (come va?)
"
Speremma bén ,adman a vagh a fär j analizi," (speriamo
bene, domani vado a fare le analisi)
"
A si? E in do' vät, a l'Enopolio? " (l’Enopolio
è una nota cantina)
"Dodi,
al vot un bicér ?" (vuoi un
bicchiere?)
"Si mo
s'l'é bón, parchè balord agh l'ò anca a ca' mejja.
(solo
se è buono, balordo ce l’ho anche a casa mia)
Un
altro gli fa:
"Dodi an
t'ò pu vist" (Dodi, non ti ho più visto)
"T'è
pers gnént" (Non hai perso nulla).
Ad
un collega che non toccava vino disse:
"
At pär un geràn, at bev semp'r äd l'aqua".
(sembra un geranio, beve sempre acqua)
Ad
un giovane ingegnere che continuava a dargli del "lei":
"
Dam äd ti. Sa 't me dè äd ti, at n'in vena ancorra indrè".
Non
mancano i sani pettegolezzi. Si parlava di uno che non era un'aquila e Bruno
commentò :
"Sa vena la morìa int i stuppid,
al fa gnan in temp a marcär visita".
E' di
rito chiedere ai neo pensionati come si trovano nella nuova condizione. Bertoldi,
gran lavoratore, rispose:
"Cme
primma a lavoräva vlontera, adess a stagh a ca' vlontera"
(come
prima lavoravo volentieri ora sto a casa volentieri)
Di lui
ricordo una battuta che disse in occasione di un'assemblea dei Donatori di
sangue dove qualcuno chiese come mai fra i donatori fossero percentualmente più
numerosi gli operai degli impiegati. Prima ancora che rispondessero dal palco,
Bertoldi commentò ad alta voce:
"Parchè j operäi j an studiè
meno mo i capis'n äd pù."
(perché
gli operai hanno studiato meno ma capiscono di più)
Notai
un vecchio pensionato che non volle mancare nonostante camminasse con difficoltà.Gli
chiesi come si sentisse.
"Semma ancorra chi, mo col gommi
sgonfji."
(siamo
qui ma con le gomme sgonfie)
Salutai
l'amico Aldo Cabrini con calore:
"Cme
vala, vecchio Aldo ?"
(Come
va, vecchio Aldo?
"Vec
miga tant". Vecchio non tanto
"L'é un
compliment".
È un
compliemento
"I
compliment j a sarniss mi". I complimenti li scelgo io)
Aldo è sempre spassoso nelle sue
espressioni. Si parlava di anziani che vogliono a tutti i costi fare i giovani e
il suo commento fu il seguente:
"Se von
äd s 'sant'an al diz ch'al se
senta cme von äd vint, l'è bele ora ch' al
comincia la cura".
(Se
uno di sessant'anni dice di sentirsi come a venti significa che è tempo che
inizi a curarsi seriamente).
Prima
di entrare i Barilla Aldo Cabrini lavorava alla Bormioli Rocco. Era Caposquadra
nel Reparto Forni. Lavorava e studiava e siccome aveva un cervello di prima
qualità, in poco tempo, riusci a laurearsi anche con dei bei voti. Il sig.Rocco
aveva apprezzato molto questa dimostrazione di buona volonta'. Lo chiamo' in
ufficio, si complimentò con lui e poi gli disse che ormai, come laureato, era
destinato a diventare un capo per cui doveva cominciare a farsi rispettare dagli
operai e, tanto per cominciare, doveva farsi dare del "lei". Dopo
alcuni giorni il sig.Rocco scese in reparto dove, accompagnato da Cabrini, fece
un giro tra gli impianti. Mentre camminavano gli chiese se aveva cominciato a
mettere in pratica le sue disposizioni.Cabrini lo stava rassicurando
sull'argomento quando, da dietro un forno, qualcuno che non aveva visto che
c'era il titolare, urlò:
"Aldo, ti e 't'à fat! Venot si o
no ch'l'é do ór ch'at spét!."
Il
sig. Rocco allargo' le braccia e spari' senza fare commenti.
Aldilà
delle battute posso dire che in occasione del pensionamento non ho ancora visto
nessuno, nemmeno i più "duri", che non si siano commossi.