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La
rozäda äd san Zvan
S.GIOVANNI
( 23 giugno ) – Tradizione dei tortelli di erbetta. Si oltrepassava la
mezzanotte per ricevere la misteriosa rugiada considerata un balsamo prodigioso
per allontanare i malanni del corpo, un portafortuna e anche un filtro
d’amore.
Il
significato che la tradizione assegna alla rugiada deriverebbe dal sangue
versato dal capo di S.Giovanni. Quel liquido, al contatto col volto, renderebbe
bella la pelle e, strofinato sui capelli, li farebbe crescere !
Nella
notte di S.Giovanni, per confezionare il nocino, si raccolgono le noci, rese
particolarmente adatte per essere bagnate dalla rugiada.
Si
colgono anche tante altre erbe utili: ruta, verbena, menta, camomilla, malva,
oltre alle erbette (bietole di costa) per i tortelli.
(Enzo
Terenzani)
Ricordo
di Gianpiero Caffarra
A
distanza di circa cinque anni dalla scomparsa, mi piace ricordare l’amico
Gianpiero, socio dell’associazione culturale “Parma Nostra”, e membro
della redazione del “Lunario parmigiano” utilizzando il testo che avevo
scritto parecchi anni fa per presentare, scherzosamente, i membri della
redazione:
“Gianpiero
è uno studioso di dialetto parmigiano e di Parma e possiede una ragguardevole
raccolta di libri su questi argomenti.
Nelle
cene sociali ama recitare poesie che sono molto apprezzate ma prima di esibirsi
ha bisogno di essere incitato per vincere la timidezza. E' capo correttore del
lunario e in particolare ama lavorare sul dialetto. Quando si correggono le
bozze ci sono sempre molte discussioni, ma alla fine vuole sempre l'ultima
parola un po' perché se ne intende e un po' perché, quando si trova in
difficoltà, tira in ballo Capacchi di cui è amico.
Comincia
a dire:"l'à
ditt Capacchi", e bisogna tacere.
Riflessione
sui “bei vecchi tempi”
La
nostalgia per la nostra gioventù non ci deve fare dimenticare i limiti e i
difetti dei “vecchi tempi”. Mi faceva notare l’amico Gianpiero Caffarra
come la scarsa cultura, ad esempio, portava spesso la gente ad essere poco
sensibile nei confronti delle persone che avevano difetti fisici. La maggior
parte delle persone non si rendeva conto di quanto potessero soffrire gli
interessati a motivo di come questi difetti venivano evidenziati.
Alcuni
esempi:
Se
uno era zoppo facilmente veniva chiamato; “gambalissa”
o “gamba
‘d leggn” o “goma a téra”.
Un
guercio; “bél
océn”.
Chi
aveva bisogno degli occhiali, se gli andava bene diventava; “cuatroc’”
Chi
mancava di una mano; “monchén”.
Chi
aveva il naso grosso; “canapja”.
Un
non udente; “sórd”
(Un famoso “sórd”
è stato l’oste di borgo Sorgo).
Uno
grasso; “pansa
‘d dolégh”.
Se
uno era rosso di capelli si sentiva dire che; “Al
pu bón di ross l’à butè so pädor in-t-al fos e ‘l pu cativ al l’à
magnè viv”.