STORIE,
ANEDDOTI E BATTUTE |
LE GRANDI FESTIVITA' RELIGIOSE |
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TRADIZIONI
LEGATE ALLA PASQUA
Nella
domenica delle Palme viene distribuito l’ulivo benedetto simbolo di pace e di
partecipazione alla Passione di Nostro Signore. Nei secoli però, all’ulivo,
sono stati affidati anche altri “compiti”. Nelle nostre campagne, ad
esempio, quando il cielo diventava scuro e c’era il timore che venisse
tempesta, la “rezdora”, nell’aia, formava una croce con una zappa e il
“gavel” cioè la paletta del camino piena di braci dentro le quali metteva a
bruciare alcune foglie di ulivo benedetto. Chiamava poi i bambini, perché le
preghiere dei bambini valgono di più, e recitava con loro questa preghiera:
difendiss dal sajetti a
dai tron (difendeteci
dalle saette e dal tuono)
dal fogh e dala fiama
(dal fuoco e dalla fiamma)
e dala morta subitana
( e dalla morte istantanea)
liberamus domine
(la morte “subitana” non dava il tempo di ricevere i
sacramenti perciò era considerata una brutta
Preghiera
Pasquale
"Dite
mio caro e buon figliolo
dove sarete il Martedì Santo ?
Sarò un povero pellegrino.
Dite
mio caro e buon figliolo
dove sarete il Mercoledì Santo ?
Sarò venduto per trenta denari.
Dite
mio caro e buon figliolo
dove sarete il Giovedì Santo ?
Sarò come un agnello che va al macello.
Dite
mio caro e buon figliolo
dove sarete il Venerdì Santo ?
Sarò sepolto nel Santo Sepolcro.
Dite
mio caro e buon figliolo
dove sarete il Sabato Santo ?
Sarò risorto come il frumento sopra la terra.
Dite
mio caro e buon figliolo
dove sarete il giorno di Santa Pasqua ?
Sarò padrone del cielo e della terra
e di tutto il mondo.
E
chi recitärà la me orasion la stmana Santa
tanti erbi e tanti foji agh sarà d'atorna
la riva dal mär, tant p'chè agh v’rò perdonär
lu, tutt quanta la so famija
e un quälch'don sarà in
pace e così sia."
STORIE DI NATALE
DON
DAGNINO IN “BARACCA”
Era
la notte di un ultimo dell'anno; era molto tardi e don .Dagnino stava rientrando
camminando di buon passo in via D'Azeglio.
Gli
si affiancò un'auto dalla quale tre giovani, ridendo, osservarono:
"Guarda,
é stè a balär anca al pret!"
(Guarda, è stato a ballare anche il prete)
"Si, son propria stè in baraca", (Si, sono proprio andato in baracca)
rispose il sacerdote.
"Se
stäva ben?" (Si
stava bene?)
chiesero i giovani che si stavano divertendo.
"Bombé.
Ansi sa vrì agh podemma andär ancorra tutt in compagnia".
(Molto. Anzi se volete possiamo andarci ancora tutti in compagnia)
I
giovani stettero al gioco e lo fecero salire in macchina.
Il
prete li portò davanti all'Ospedale dove era stato a fare l'assistenza notturna
ad un malato.
"Ecco
indò son stè a baracär!" (Ecco
d
I giovani, un po confusi, si profusero in mille
scuse.
PADRE VIOTTI
Padre Giuseppe Viotti è un missionario saveriano di 78 anni, quindici dei quali passati in Africa, sempre gioviale e di buon umore. Dispensa volentieri pensieri che fanno riflettere conditi con battute o storielle divertenti. E’ uno specialista nei giochi di parole.
Quando il superiore Generale dei saveriani chiamava p.Marini diceva: “Noi saveriani siamo tutti sottomarini”.
Sapendo che io amo il dialetto mi disse: “Sai, Giuseppe che noi missionari, tutte le sere, in Casa Madre, preghiamo in dialetto? “ Sorpreso e incredulo esclamai :”Possibile?” “Certo”, spiegò scandendo meglio le parole :”Preghiamo, indi a letto”.
In un’altra occasione, la
padrona della casa in cui eravamo ospiti, ci aveva già servito una buona fetta
di torta e insisteva perché ne prendessimo una seconda. Il missionario
l’accettò di buon grado e, con simpatica autoironia, spiegò: “Preti
e polli mai satolli”.
La signora voleva anche che accettassimo un secondo bicchiere di vino bianco ma
questo lo rifiutò dicendo: “Non
vorrei che poi mi chiamassero “beverendo”.”
Alcuni esempi di pensieri semplici ma profondi al medesimo tempo: “Ha diritto di giudicare solo chi giudica per amare”.
E anche: “L’orgoglio muore tre giorni dopo la morte.”
Raccomanda a tutti di usare
la “co.per.ta” (compatire, perdonare,
tacere).
P.Viotti mi ha raccontato questo episodio occorsogli quando era in
Sardegna.
COLPA DI S.GIUSEPPE ?
Era la
vigilia di Natale del ’56. P.Viotti, nella Casa dei Saveriani a Macomer in
Sardegna, assieme ad un confratello, stava allestendo un presepio missionario
che avrebbe dovuto radunare parecchia gente per vedere la novità.
Purtroppo la statua di S.Giuseppe cadde e si ruppe in modo tale da risultare
inservibile. Non si può fare un presepio senza S.Giuseppe perciò, p.Viotti,
decise di andare a Cagliari per procurarne una nuova.
L’auto della Casa non era disponibile per cui corse in strada deciso a
chiedere un passaggio alla prima auto che fosse transitata. Subito si fermò
un’auto il cui conducente si disse disponibile ad accompagnarlo a Cagliari
sebbene distasse oltre 100 chilometri.
Durante la strada l’uomo, un padre di famiglia di circa 40 anni, cominciò a
raccontare del grappolo di disgrazie che gli erano cadute addosso. P.Viotti si
fece in quattro per consolarlo sforzandosi di trovare tutti gli argomenti
possibili.
Evidentemente riuscì nell’intento perché ad un certo punto l’uomo gli
disse: “Padre
le dico la verità, ero uscito di casa con l’intenzione di cercare una
scarpata dalla quale gettarmi per farla finita. Non riuscivo più a sopportare
questo carico di dolore proprio in questi giorni di Natale ma il Signore mi ha
fatto incontrare un prete che mi ha consolato e così rinuncerò al mio
progetto.”
Padre
Viotti, che non crede molto ad una coincidenza, sospetta fortemente di San
Giuseppe.
Canta canta ròzi e fjär
Ch é nasù nòster Signór
L’é nasù a Betlèmme
a gh’ vól na fasa e ‘n mantél
Per vestìr Gesù bél
Gesù bél, Gesù Marìa
Tut j angel in compagnìa.
Chi la sa e chi la diz
degh la gloria del Paradìz
Chi la sa e chi la canta
dégh la gloria santa
( da Pellagra allegra di Giovanni Petrolini)