STORIE,
ANEDDOTI E BATTUTE |
STORIE DI NATALE |
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DON
DAGNINO IN “BARACCA”
Era
la notte di un ultimo dell'anno; era molto tardi e don .Dagnino stava rientrando
camminando di buon passo in via D'Azeglio.
Gli
si affiancò un'auto dalla quale tre giovani, ridendo, osservarono:
"Guarda,
é stè a balär anca al pret!"
(Guarda, è stato a ballare anche il prete)
"Si, son propria stè in baraca", (Si, sono proprio andato in baracca)
rispose il sacerdote.
"Se
stäva ben?" (Si
stava bene?)
chiesero i giovani che si stavano divertendo.
"Bombé.
Ansi sa vrì agh podemma andär ancorra tutt in compagnia".
(Molto. Anzi se volete possiamo andarci ancora tutti in compagnia)
I
giovani stettero al gioco e lo fecero salire in macchina.
Il
prete li portò davanti all'Ospedale dove era stato a fare l'assistenza notturna
ad un malato.
"Ecco
indò son stè a baracär!" (Ecco
d
I giovani, un po confusi, si profusero in mille
scuse.
PADRE VIOTTI
Padre Giuseppe Viotti è un missionario saveriano di 78 anni, quindici dei quali passati in Africa, sempre gioviale e di buon umore. Dispensa volentieri pensieri che fanno riflettere conditi con battute o storielle divertenti. E’ uno specialista nei giochi di parole.
Quando il superiore Generale dei saveriani chiamava p.Marini diceva: “Noi saveriani siamo tutti sottomarini”.
Sapendo che io amo il dialetto mi disse: “Sai, Giuseppe che noi missionari, tutte le sere, in Casa Madre, preghiamo in dialetto? “ Sorpreso e incredulo esclamai :”Possibile?” “Certo”, spiegò scandendo meglio le parole :”Preghiamo, indi a letto”.
In un’altra occasione, la
padrona della casa in cui eravamo ospiti, ci aveva già servito una buona fetta
di torta e insisteva perché ne prendessimo una seconda. Il missionario
l’accettò di buon grado e, con simpatica autoironia, spiegò: “Preti
e polli mai satolli”.
La signora voleva anche che accettassimo un secondo bicchiere di vino bianco ma
questo lo rifiutò dicendo: “Non
vorrei che poi mi chiamassero “beverendo”.”
Alcuni esempi di pensieri semplici ma profondi al medesimo tempo: “Ha diritto di giudicare solo chi giudica per amare”.
E anche: “L’orgoglio muore tre giorni dopo la morte.”
Raccomanda a tutti di usare
la “co.per.ta” (compatire, perdonare,
tacere).
P.Viotti mi ha raccontato questo episodio occorsogli quando era in
Sardegna.
COLPA DI S.GIUSEPPE ?
Era la
vigilia di Natale del ’56. P.Viotti, nella Casa dei Saveriani a Macomer in
Sardegna, assieme ad un confratello, stava allestendo un presepio missionario
che avrebbe dovuto radunare parecchia gente per vedere la novità.
Purtroppo la statua di S.Giuseppe cadde e si ruppe in modo tale da risultare
inservibile. Non si può fare un presepio senza S.Giuseppe perciò, p.Viotti,
decise di andare a Cagliari per procurarne una nuova.
L’auto della Casa non era disponibile per cui corse in strada deciso a
chiedere un passaggio alla prima auto che fosse transitata. Subito si fermò
un’auto il cui conducente si disse disponibile ad accompagnarlo a Cagliari
sebbene distasse oltre 100 chilometri.
Durante la strada l’uomo, un padre di famiglia di circa 40 anni, cominciò a
raccontare del grappolo di disgrazie che gli erano cadute addosso. P.Viotti si
fece in quattro per consolarlo sforzandosi di trovare tutti gli argomenti
possibili.
Evidentemente riuscì nell’intento perché ad un certo punto l’uomo gli
disse: “Padre
le dico la verità, ero uscito di casa con l’intenzione di cercare una
scarpata dalla quale gettarmi per farla finita. Non riuscivo più a sopportare
questo carico di dolore proprio in questi giorni di Natale ma il Signore mi ha
fatto incontrare un prete che mi ha consolato e così rinuncerò al mio
progetto.”
Padre
Viotti, che non crede molto ad una coincidenza, sospetta fortemente di San
Giuseppe.
Canta canta ròzi e fjär
Ch é nasù nòster Signór
L’é nasù a Betlèmme
a gh’ vól na fasa e ‘n mantél
Per vestìr Gesù bél
Gesù bél, Gesù Marìa
Tut j angel in compagnìa.
Chi la sa e chi la diz
degh la gloria del Paradìz
Chi la sa e chi la canta
dégh la gloria santa
( da Pellagra allegra di Giovanni Petrolini)
SECONDA PARTE
Dicembre
è
il
mese
del
Natale
perciò
ho
pensato
di
inserire
due
testi
poetici
dedicati
appunto
alla
festa
più
bella
dell’anno.
La
prima,
che
a
me
piace
molto,
è
la
poesia
“Nadäl”
di
Stefania
Vaja.
Ho
conosciuto
questo
testo
quando
le
Figlie
di
Maria
Ausiliatrice
di
S.Benedetto,
alcuni
anni
fa,
l’
hanno
insegnata
ai
bimbi
della
loro
scuola
elementare
e
io
ero
stato
invitato
ad
insegnare
la
pronuncia.
I
bimbi
l’hanno
imparata
volentieri
e
molto
bene.
NADÄL Incò
a
gh'
era
un
frèdd
! e
pò
pioväva. A
són
andè
in't
na
césa par
scaldärm
un
po’ e
am
son
fermè
davanti
al
presepi. A
m'era
d'avìs
d'es'r
un
putén con
la
manen'na
in
còlla
äd
me
mädra. A
vräva
preghär,
ma
an
säva
pu
'
I
paroli e
csì,
al
Bambén
Gesù,
a
go
ditt
sol ch’a
gh’
äva
frèdd,
ch’a
séra
da
mi
cme
un
can ch'a
séra
povrètt
pù
di
sò
pastor parchè
g'
ho
sol
la
minima, che
me
mojera
I'
é
morta
da
un
pär
d'ani e
g'
ho
da
pensär
a
tut
da
mi, e
an
son
miga
bón. Sedù
lì,
davanti
al
Bambinél, a
m'è
gnù
adoss
una
tristèssa da
färom
gnir
il
lussi
a
j
oc'
A
j
ò
guardè
la
facia
dal
Puté, l'era
bianch
e
ross,
tut
sorident
, e
'm
paräva
ch'
al
me
d'ziss "
At
voj
ben!
" Quand
a
s
ó
n
andè
fóra par
tornär
a
cà, a
‘n
pioväva
pù,
era
gnù
fora
‘I
sol, e
'm
son
sentì
content
e
rilassè c'me
quand
me
mädra
la
m’
brasäva
stricch PREGHIERA
NATALIZIA |
NATALE Oggi
c’era
un
freddo
! E
poi
pioveva. Sono
andato
in
una
chiesa per
scaldarmi
un
po’ e
mi
sono
fermato
davanti
al
presepio. Mi
sembrava
di
essere
un
bambino con
la
mano
in
quella
di
mia
mamma. Volevo
pregare,
ma
non
sapevo
più
le
parole e
così,
al
bambino
Gesù,
gli
ho
detto
soltanto Che
avevo
freddo,
che
ero
solo
come
un
cane Che
ero
più
povero
dei
suoi
pastori
perché
ho
solo
la
minima, che
mia
moglie
è
morta
da
un
paio
d’anni e
devo
pensare
tutto
da
solo, e
non
ne
sono
capace. Seduto
li,
davanti
al
bambinello, Mi
è
venuta
addosso
una
tristezza da
farmi
luccicare
gli
occhi. Ho
guardato
la
faccia
del
bambino, era
bianco
e
rosso,
tutto
sorridente, e
mi
pareva
che
mi
dicesse: “ti
voglio
bene” Quando
sono
uscito per
tornare
a
casa, non
pioveva
più,
era
uscito
il
sole, e
mi
sono
sentito
contento
e
rilassato come
quando
mia
madre
mi
abbracciava
stretto |
Il
secondo
testo
viene
da
lontano
ed
è
tratto
dalla
raccolta
“Pellagra
Allegra”
di
Giovanni
Petrolini.
E’
una
delle
tante
preghiere
dialettali
diffuse
soprattutto
nelle
nostre
campagne
e
che
fino
a
pochi
anni
fa
venivano
recitate
comunemente.
Scrive
Il
Petrolini
“che
tutta
la
preghiera
ricorre
in
forme
pressoché
identiche
in
altre
preghiere
natalizie,
ma
talvolta,
come
in
questo
caso,
vive
autonomamente.”
L’origine
di
queste
preghiere,
che
sono
diffuse
in
tutto
il
nord
Italia,
pare
risalga
alle
laudi
medioevali.
PREGHIERA
NATALIZIA Canta
canta
ròzi
e
fjór
ch
é
nasù
nòster
Signór L'
é
nasù
a
Betlèmme a
gh'
vóI
na
fasa
e
'n
mantél per
vestir
Gezù
bèl Gezù
bèl,
Gezù
Maria tut
j
angel
in
compagnìa. Chi
la
sa
e
chi
la
diz dégh
la
gloria
del
Paradìz
Chi
la
sa
e
chi
la
canta
dégh
la
gloria
santa. |
PREGHIERA
NATALIZIA Canta
canta
rose
e
fiori che
è
nato
nostro
Signore è
nato
a
Betlemme ci
vuole
una
fascia
e
un
mantello per
vestire
Gesù
bello Gesù
bello,
Gesù
Maria tutti
gli
angeli
in
compagnia.
A
chi
la
sa
e
a
chi
la
dice dategli
la
gloria
del
Paradiso a
chi
la
sa
e
a
chi
la
canta dategli
la
gloria
santa. |
L’OCA
ALL’INGRASSO
E
L’INNOCENZA
DEI
BIMBI
La
consuetudine
di
aumentare
il
prezzi
sotto
le
feste
natalizie
era
cosa
consueta
anche
un
tempo
specialmente
per
la
polleria.
Per
questo
motivo
erano
in
parecchi
a
tenere
nel
solaio
in
cantina
o
dove
potevano
qualche
«
capo
»
di
polleria
che
veniva
comprato
quando
l’animale
era
giovane
e
i
prezzi
erano
migliori.
Sempre
per
il
medesimo
motivo,
sotto
le
feste,
spuntavano
in
maggior
numero
i
ladri
di
galline.
La
madre
dell'Anita,
una
vicina
di
casa,
comprò
un'oca
che,
non
avendo
il
solaio,
teneva
in
casa.
Un
giorno
aveva
appena
fatto
un
po'
di
tortelli
anche
se
non
tanti
perché
i
soldi
erano
pochi
e
stava
riassettando,
quando
senti
che
qualcuno
stava
salendo
le
scale.
Rapidamente
decise
di
nascondere
i
tortelli
nella
camera,
sotto
il
letto,
per
evitare
sia
di
sentirsi
in
obbligo,
come
si
usava,
di
invitare
un
ospite
sia
di
farlo
con
l’imbarazzo
di
avere
pochi
tortelli
a
disposizione.
L
'ospite
era
una
parente
che
una
volta
entrata
non
finiva
più
di
chiacchierare.
Si
avvicinava
l'ora
di
pranzo
e
la
padrona
di
casa
era
sulle
spine.
A
metterla
maggiormente
in
difficoltà
ci
pensò
l'innocenza
di
uno
dei
bambini
che
correndo
da
lei
trafelato,
gridò:
«
Ma,
vena
veddor,
int'
la
cambra,
gh'é
l'oca
ch'
la
magna
tutt
i
tordè
sotta
'l
let!
».
(Mamma,
vieni
a
vedere,
nella
camera
c’è
l’oca
che
mangia
i
tortelli
sotto
il
letto)