STORIE,
ANEDDOTI E BATTUTE |
LEZIONI
DI
DIALETTO VI lezione |
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SESTA
LEZIONE
Vittorio
Botti
Le forme dei
verbi parmigiani concordano, in linea di massima, con quelle dell’italiano,
fatta eccezione per il passato remoto (io andai) e il trapassato remoto (io fui
andato) da tempo scomparsi.
Coniugazioni
Sono tre
come in lingua:
-Prima
= verbi in «- är » (magnär, sonär, ecc.)
-Seconda =
verbi in «-ér » (tazér, podér, ecc.)
-Terza
= verbi in «-ir » (sentir, fnir, ecc.)
La seconda
coniugazione presenta due distinte forme:
a)
Con accento sul tema (prima parte del verbo) e
desinenza con «e» fortemente tendente nella pronuncia alla «o», al punto
tale che attualmente si scrivono con la desinenza «-òr » come riddòr, corròr,
vénsòr, mèttòr, ecc.
b)
Con accento sulla desinenza «-ér» con la «e »
chiusa, come savér, podér, tazér, piazér ecc.
In generale
i verbi dialettali appartengono alla stessa coniugazione di quelli italiani,
salvo alcune eccezioni:
Es. Tòssòr
(tossire), stlär (rompere) ecc.
Hanno lo
stesso uso come in italiano. Quando essi vengono usati da soli col significato
di «esistere» o «possedere», richiedono la particella avverbiale «Ghé» o
«gh’ » ( = ci ) :
Ci sono dei
ragazzi = A gh’é di ragas
Lei ha sonno
= Lè la gh’à sònn’
Essere |
Avere |
Mi a son |
Mi a gh’ò
(oppure a j’ò ) |
Ti ‘t si
( oppure ti t’é ) |
Ti ‘t
gh’è (oppure a t’è) |
Lu l’é
(interrogativo:Che or’è ?)=Che ore sono? |
Lu ‘l
gh’à (oppure l’à) |
Nojätor a
sèmma |
Nojätor a
gh’emma (opp. a j èmma) |
Vojätor a
si |
Vojätor
gh’avì (oppure avì ) |
Lor j én |
Lor i
gh’àn (oppure j àn ) |
Curiosità :
Passato remoto (ormai desueto)
Cantai |
A cant -
ì |
Cantasti |
At cant -
ìss |
Cantò |
Al cant -
ì |
Cantammo |
A cant -
ìssen |
Cantaste |
A cant -
ìssev |
Cantarono |
I
cant - ìn |
Imperativo negativo :
Non
piangere |
Sta miga
cridär |
Non bere |
Sta miga bévor |
La
“vecchiaia” è una malattia dalla quale non si guarisce ma se non ci sono
malattie gravi può risultare utile esorcizzarla ridendoci sopra.
Un tale di
95 era andato dal medico per alcuni disturbi.
Il medico
gli chiese cosa mangiava, beveva e tutto il resto. L’anziano spiegò che tutte
le mattine si faceva uno zabaione, un bicchiere di vino bianco e fumava un
sigaro. Il medico lo invitò a smettere il vino e il sigaro.
L’anziano
chiese: “Quant ani gh’al dotor ?”
“Quarantacinque”
“Ch’al
pensa äd scampäór ätor sinquant’an cme mi e po’ al me gnirà a dir cme j
ò da fär”
Bruno Dodi
incontrò un amico che gli disse:
“Bruno, ti
vedo bene”.
“Al crèdd,
A t’ gh’è j ociäl e gh’è l’ sol !
L’amico lo
salutò con un “mantieniti
giovane” al che Bruno rispose:
“Sarà difìcil,
a fagh béle anca tropa fadiga a mant’gnirom vec”
Mentre
andavo dal mio medico incontrai un amico che usciva tenendo sotto il braccio la
tipica busta giallastra per le lastre. Gli ho chiesto di cosa soffrisse e cosa
gli avesse detto il medico.
Mi spiegò
che soffriva di mal di schiena e che il medico aveva concluso che si trattava di
“Sindrome da carta d’identità”.
Un anziano
insegnante spiegava che aveva notato che da qualche tempo era oggetto di un
“rispetto” eccessivo. Qualche volta gli cedevano il posto in autobus e le
persone tendevano a dargli del “lei” anche quando lui dava del “tu”.
Commentò:
“Mi sono toccato la testa e visto che non ho trovato aureola ho concluso che
era solo “vecchiaia”.