STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

LEZIONI DI DIALETTO
  VI  lezione


Piazza Garibaldi 

SESTA LEZIONE
Vittorio Botti

VERBI, AVVERBI, CONGIUNZIONI, INTERIEZIONI

 

IL VERBO

Le forme dei verbi parmigiani concordano, in linea di massima, con quelle dell’italiano, fatta eccezione per il passato remoto (io andai) e il trapassato remoto (io fui andato) da tempo scomparsi.

Coniugazioni 

Sono tre come in lingua:

-Prima     = verbi in «- är » (magnär, sonär, ecc.)

-Seconda = verbi in «-ér » (tazér, podér, ecc.)

-Terza     = verbi in «-ir » (sentir, fnir, ecc.)

 

La seconda coniugazione presenta due distinte forme:

a)    Con accento sul tema (prima parte del verbo) e desinenza con «e» fortemente tendente nella pronuncia alla «o», al punto tale che attualmente si scrivono con la desinenza «-òr » come riddòr, corròr, vénsòr, mèttòr, ecc.

b)    Con accento sulla desinenza «-ér» con la «e » chiusa, come savér, podér, tazér, piazér ecc.

 

In generale i verbi dialettali appartengono alla stessa coniugazione di quelli italiani, salvo alcune eccezioni:

Es. Tòssòr (tossire), stlär (rompere) ecc.

 

Ausiliari «essere» e «avere»

Hanno lo stesso uso come in italiano. Quando essi vengono usati da soli col significato di «esistere» o «possedere», richiedono la particella avverbiale «Ghé» o «gh’ » ( = ci ) :

Ci sono dei ragazzi = A gh’é di ragas

Lei ha sonno           = Lè la gh’à sònn’

 

Indicativo presente

 

Essere

Avere

Mi a son

Mi a gh’ò (oppure a j’ò )

Ti ‘t si ( oppure ti t’é )

Ti ‘t gh’è (oppure a t’è)

Lu l’é (interrogativo:Che or’è ?)=Che ore sono?

Lu ‘l gh’à (oppure l’à)

Nojätor a sèmma

Nojätor a gh’emma (opp. a j èmma)

Vojätor a si

Vojätor gh’avì (oppure avì )

Lor j én

Lor i gh’àn (oppure j àn )

Curiosità : Passato remoto (ormai desueto)

Cantai

A cant - ì

Cantasti

At cant - ìss

Cantò

Al cant - ì

Cantammo

A cant - ìssen

Cantaste

A cant - ìssev

Cantarono

I  cant  - ìn

 

Imperativo negativo :

Non piangere

Sta miga cridär

Non bere

Sta miga bévor

 

TERZA ETA’

 

La “vecchiaia” è una malattia dalla quale non si guarisce ma se non ci sono malattie gravi può risultare utile esorcizzarla ridendoci sopra. 

 

Dal medico

Un tale di 95 era andato dal medico per alcuni disturbi.

Il medico gli chiese cosa mangiava, beveva e tutto il resto. L’anziano spiegò che tutte le mattine si faceva uno zabaione, un bicchiere di vino bianco e fumava un sigaro. Il medico lo invitò a smettere il vino e il sigaro.

L’anziano chiese: “Quant ani gh’al dotor ?”

“Quarantacinque”

“Ch’al pensa äd scampäór ätor sinquant’an cme mi e po’ al me gnirà a dir cme j ò da fär”

 

Sincerità

Bruno Dodi incontrò un amico che gli disse:

“Bruno, ti vedo bene”.

“Al crèdd, A t’ gh’è j ociäl e gh’è l’ sol !

L’amico lo salutò con un  “mantieniti giovane”  al che Bruno rispose:

“Sarà difìcil, a fagh béle anca tropa fadiga a mant’gnirom vec”

 

Sindrome

Mentre andavo dal mio medico incontrai un amico che usciva tenendo sotto il braccio la tipica busta giallastra per le lastre. Gli ho chiesto di cosa soffrisse e cosa gli avesse detto il medico.

Mi spiegò che soffriva di mal di schiena e che il medico aveva concluso che si trattava di “Sindrome da carta d’identità”.

 

Rispetto

Un anziano insegnante spiegava che aveva notato che da qualche tempo era oggetto di un “rispetto” eccessivo. Qualche volta gli cedevano il posto in autobus e le persone tendevano a dargli del “lei” anche quando lui dava del “tu”.

Commentò: “Mi sono toccato la testa e visto che non ho trovato aureola ho concluso che era solo “vecchiaia”.

 

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