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LEZIONI
DI
DIALETTO IV lezione |
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QUARTA
LEZIONE
Enzo
Terenziani
LE MASCHERE
Le cronache del Pezzana parlano di due maschere, tale VELO
di MONTANO e sua moglie, che girovagavano nel sec. XV per le vie di Parma
travestendosi in svariate fogge e divertendo il popolino. Si tratta però di due
macchiette del genere di quel Biagio ZIVERI, detto «Plugär»,
di professione lavandaio, abitante in borgo del Naviglio, che nel secolo scorso,
camminando su alti trampoli di legno, sollazzava con frizzi i monelli nel tempo
di carnevale.
Nell’ ‘800 compare per la prima volta il «Dsèvvod» (in dialetto
significa «insipido»). Secondo il Malaspina il «Dsèvvod»,
maschera ufficiale di Parma, è sempre stato il «domestico semplicello ma
arguto». Si trattava in realtà di un popolano furbo che fingeva di esser tonto
«par ne pagär dasi». (per non
pagare dazio, cioè per farla franca). Ne danno notizia la «Drammatica
parmigiana» del Bocchia e la Gazzetta di Parma del 24 gennaio 1870. Il suo «look»
tradizionale è costituito da un giubbetto a vita con baschetta, pantaloncini
corti, calze, scarpette e tricorno in testa. I colori, naturalmente giallo ed
azzurro a quartieri sovrapposti .
A.Barilli, nelle sue «Storie grandi e piccine», descrive il «Dsèvvod»
:«Vecchia maschera parmigiana insipida di
nome e di fatto, rimasta sempre un fantoccio incapace di farsi amare perché
nessun poeta si degnò di cantarne le gesta».
Dal punto di vista umano è forse più interessante il
«Battistén Panäda», la
maschera creata dal Galaverna.
Nel 1845, ad opera di Paganino, fu stampato il giornale e
lunario «Al matrimonni dal Dsèvvod», che p. Luigi Grazzi definisce: «Lunario
superbamente impaginato in bianco e nero, senza figure o vignette».
A questo punto citeremo solo «en passant», le nostre
tradizioni nel campo del teatro dei burattini, assurto a vera e propria forma
d'arte: vedi le maschere di "Bargnocla"
e «Sandron»
portate alla notorietà dai mitici Ferrari, ai quali si affiancarono poi altri
burattinai.
IL CARNEVALE
A Parma ha origini remote anche se, come accade in questi
casi, è quasi impossibile darne una precisa datazione.
Si può forse ragionevolmente far risalire i primi carnevali a
Parma al sec. XVIII, in cui compaiono le prime Grida Ducali per regolarne lo
svolgimento.
Nel ‘700 e ‘800 il Carnevale iniziava il venerdì della
settimana antecedente la Quaresima per esplodere con un gran finale il martedì.
Del primo Carnevale a Parma si ha notizia il 13 febbraio 1711 con la
rappresentazione di un’opera , intitolata «BEDARIDO», messa in scena dai
convittori del Collegio Ducale.
Nel ‘700 ben 4 teatrini aprivano le porte ai veglioni di
Carnevale: il «Sanvitale» (in borgo del Leon d’oro), il Collegio Lalatta,
quello di S,Caterina o dei Nobili e quello dei marchesi Bergonzi in borgo
S.Giovanni. Più tardi, dopo l’edificazione dell’attuale teatro Regio e
partendo quindi dal 1828-9, ebbero
inizio in quell’edificio i Veglioni mascherati passati alla cronaca cittadina
come avvenimenti importanti ed attesi con trepidazione.
Durarono fino agli anni ’30. Durante il Carnevale, alle tre
pomeridiane, venivano organizzati i cosiddetti «corsi di carrozze», protetti
da un grosso drappello di Dragoni a cavallo lungo la strada S.Michele, a guardia
degli sbocchi delle strade laterali per impedire eventuali disturbi. Ecco alcune
tra le più significative «Grida» che ci permettono di entrare nella spirale
dei confini entro la quale i festeggiamenti del Carnevale potevano svolgersi:
3.2.1720 –Il
governatore proibisce alla generalità dei sudditi di presentarsi in luogo
pubblico, durante il Carnevale, mascherati, travestiti o truccati.
17.7.1728 – Il
Governatore, in occasione delle nozze del Sovrano, concede facoltà di
mascherarsi nei giorni e nelle ore stabiliti, con la proibizione di indossare
indumenti ecclesiastici, di portare armi e tenere comportamenti atti a provocare
risse.
26,1.1743 – Il
Governatore rende noto che è permesso l’uso della maschera per recarsi ad
assistere all’opera musicale solamente nel vicolo che conduce al teatro Regio,
con il lume e senz’armi.
28.2.1775 – Avviso
penale contro quelli che la mattina delle ceneri ardissero entrare nelle chiese
in abito di maschera…….
Ogni pretesto serviva ai parmigiani per «festeggiare qualcosa»,
per dar modo di «evadere» dall’abituale grigiore da cui, nei secoli scorsi,
erano circondate le classi sociali meno abbienti. Luoghi di normale ritrovo
erano le osterie: quante ve ne erano a Parma e con caratteristiche differenziate
ce lo racconta Aldo Emanuelli (Le «osterie parmigiane») : locali in cui si
mangiava, si vuotavano «turädi»
(bottiglie) bevendo nei caratteristici «scudlén» e si cantava (canzoni popolari, romanze liriche
ecc.) accompagnandosi con chitarre, mandolini e fisarmoniche.
Cosa rimane oggi dei divertimenti di una volta ? Scomparse le
osterie; trascurate di fatto le celebrazione carnevalesche, scomparse pure le
maschere e anche le «macchiette» un tempo così numerose a Parma da ispirare
numerosi cronisti di storia patria, si può dire che nulla è rimasto dei
divertimenti che caratterizzarono secoli di «savoir vivre», pur nella miseria
affrontata con animo forte e con tanta allegria, che da noi si sintetizza nella
frase burlesca: «Si mangia poco ma, di
contro, si ride tanto».