STORIE, ANEDDOTI E BATTUTE
a cura di Giuseppe Mezzadri

LEZIONI DI DIALETTO
  I  lezione


Archivio comunale

PRIMA LEZIONE

Alcuni anni fa l’associazione culturale “Parma nostra” su invito del circolo culturale “Carlo Cattaneo” ha preparato e condotto una serie di

INCONTRI SUL DIALETTO

Gli incontri sono stati condotti e preparati, per la maggior parte, dal prof. Ing. Vittorio Botti, alcuni dal presidente dell’Associazione “Parma nostra” cav. Enzo Terenzani e alcuni dal sottoscritto.

Il materiale è stato raccolto e ordinato in dispense che senza avere la pretesa di formare un “corso” vero e proprio sul dialetto pensiamo possano avere un certo interesse per gli appassionati della nostra parlata e delle nostre tradizioni.

La prolusione agli incontri è stata tenuta dal Prof. Giovanni PETROLINI che ha sviluppato il tema:

«LINEAMENTI DI STORIA DIALETTALE PARMIGIANA»
Qui di seguito riporto alcuni appunti che ho tratto dalla sua conferenza sperando di non commettere errori.
-Teoria del sostrato o substrato
In linguistica significa: «La lingua diffusa in una data area prima che un’altra lingua si sovrapponesse ad essa» (Garzanti). Accade in realtà che quando due lingue vengono in contatto, la lingua dominata reagisce, influenzando la dominante.

Il professore ha elencato alcune parole tutt’ora presenti nella nostra parlata che sono di origine “Celtica”

Bènna

Carro senza ruote

Car

Carro con quattro ruote

Galón

Coscia

Brèsca

Favo asciutto (da «brisca») Si usa ancora la frase «sutt cme ‘na brèsca»

Liddga

Fango (dall’irlandese «ledega»)

Parimenti quest’altre parole che seguono sono esempi di parole di origine germanica

(S)biòss

Nudo e asciutto

Borogh

Borgo (da «burgh» = città)

Guindol

Arcolaio

Magón

Stomaco

Brovär

Scottare i cibi

Parecchie sono poi le parole di derivazione francese e, in seguito alla dominazione austriaca, non mancano parole derivate dall’idioma austriaco come nei due esempi che seguono:

Sarùcch

Indietro ! (da «Zurùck»)

Ràus

Fuori !

  Il professor Petrolini disse inoltre che pur nelle accresciute difficoltà attuali (invasione dell’inglese, globalizzazione, invadenza dei mass media, scambi commerciali ecc.) si nota un risveglio di interesse per il dialetto che fa ben sperare circa una maggiore capacità di recupero e di sopravvivenza. E’ apprezzabile l’adozione di momenti pratici e operativi, come ad esempio la legge sulla tutela dei dialetti, volti a salvarne la memoria e, se possibile, l’uso.

I° INCONTRO SUL DIALETTO        -  (Rel. Vittorio BOTTI)

VOCALI E CONSONANTI NEL DIALETTO

Nel suo aureo volumetto «Il dialetto vivo» (1944) Iacopo Bocchialini, autorevole studioso e saggio restauratore e ordinatore delle norme grammaticali, distingue il dialetto civile da quello plebeo, definendo quest’ultimo il dialetto dei «cassonieri», dei «capannoni», in quanto presenta una pronuncia melensa e strascicata (Spaasi, beel…) e sgradevole (secondo il giudizio del Giordani), pieno di inutile enfasi: «A talune di esse tende a fare buon viso, in ricordo della sua origene oltretorrentina, un poeta dialettale fine e delicato come il Pezzani.»

Il dilemma sembra ormai essersi risolto naturalmente (sono spariti «cassonieri» e i «capannoni»), essendosi perdute per strada certe esagerazioni fonetiche, e per il lodevole tentativo in atto da parte di autorevoli studiosi, tendente ad una notevole semplificazione della grafia, di cui si parlerà nel secondo incontro.

Rimangono tuttavia alcune lievi differenze (anche tra le due zone al di qua e al di là del torrente) in ordine soprattutto alla pronuncia della lettera «a» non accentata.

L’ALFABETO

L’alfabeto parmigiano si compone di 22 lettere ( inclusa j ) di cui 6 vocali

( a,e,i,j,o,u  )

VOCALI

La vocale «a» presenta due suoni:

«a»

Aperta

Es. Mat  (matto)

«ä»

suono intermedio tra «a» ed «è»

Es. Cärna (carne 
Es. Cridär (piangere)

«a» finale non accentata (atona), e spesso anche quella intermedia.

si pronuncia quasi sempre come suono intermedio tra «a» ed «e».

Es. Famija (famiglia)

Es. Dialètt (dialetto)

Nota: Il Malaspina definisce quest’ultimo suono («a» atona)  «paragonabile al dimesso eco finale del belato».

La vocale «e» presenta due suoni:

«e» aperta

«è» come erba

Es. Insèmma (insieme)

«e» chiusa

«é» come chiesa

Es. Pianén (pianino)

Secondo il Bocchialini l’accento non è necessario quando il suono della «e» corrisponde a quello italiano.

 Es. Temp (tempo) – Sent (cento).

In caso contrario è necessario metterlo:

Es. Fradél (fratello) – Sètt (sette)

Si ricorda che in italiano si pronuncia:

 Tré e non Trè, Ré e non Rè, Perché e non Perché, Sètte e non Sétte.

 La vocale «o» presenta due suoni:

«o» aperta

«ò» come Fuoco

Es. Solit (solito)

«o» chiusa

«ó» come torre

Es. Pison (piccione)

Vale la precedente considerazione del Bocchialini se c’è corrispondenza con l’italiano. In caso contrario si pone l’accento:

Es. Sóra (suora) – Ròtt (rotto)

E’ ormai abbandonato il suono chiuso ö, analogo al francese, come nella parola cór (cuore) , anticamente «coeur».

La vocale «u»

«u»

 

Talvolta si muta in «v»

Es. Avtón (autunno)

Es. Avtista (autista)

Tutti i femminili in dialetto terminano in «a», anche quelli che in italiano terminano in «e» (es. Carne, febbre ecc)

Ciò è discutibile anche perché la «a» finale si orienta verso la «e» (Fréva=febbre)

CONSONANTI

La «c» italiana davanti ad «e» e «i»

in inizio di parola si è a volte trasformata in «s».

Es. Sercär (cercare)

Es. Sivètta (civetta)

La «g» italiana davanti ad «e» e «i»

Tende a dare «z» dolce

Es. Znòc’ (ginocchio

Es. Zlè (gelato)

«ch» e «gh» in dialetto diventano

«c» e «g» dolci

Es. Ceza (chiesa)

Es. Gianda (ghianda)

«ch» e «gh» in dialetto, nei finali di parola si usa:

«c’ «

«g’ «

«ch»

«gh»

Es. Oc’ (occhio)

Es. Mag’ (maggio)

Es. Tòch (pezzo)

Es. Fagh (faccio)
 

La «p» tra due vocali

Si trasforma in «v»

Es. Savor (sapore)

Es. Lòvv (lupo)

La «z » tra due vocali

Si traduce con la «s »

Es. Asion (azione)

Es. Rasa (razza)

La «z » nel dialetto

Viene usata per indicare la

«s» dolce

Es. Róza (rosa) –Dez (dieci) –Mézdì (mezzodì)

«gl » e «sc »

nessi consonantici

Mancano nel dialetto. Fa eccezione l’articolo determinativo femminile plurale davanti a vocale

Es. Gli óngi (le unghie)

«gl »

Spesso diventa «j »

Es. Paja (paglia)

«sc»

Si usa la forma «s’c «

Es. S’ciop (schioppo)

Es. Viss’c (vischio)

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