STORIE,
ANEDDOTI E BATTUTE |
PERSONAGGI
PARMIGIANI Chi-Chi |
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Il
“Chi-Chi”
aveva
un
carattere
mansueto,
ma
quando
beveva,
a
volte,
si
sentiva
in
vena
di
attaccare
briga.
Una
sera,
dopo
avere
«
caricato
»
parecchio
in
compagnia
di
un
amico,
disse
a
quest'ultimo:
«
Andèmia
par
fascista
?
»
. (Andiamo
a
caccia
di
fascisti
?)
«
Mo
si!
»,
rispose
l'amico
che
non
aveva
bevuto
di
meno.
Andarono
da
«
Giglén
»,
e
si
appostarono.
Non
dovettero
attendere
molto
perché
entrò
un
uomo
che,
agli
occhi
del
Chi-chi,
apparve
un
perfetto
esemplare
di
fascista.
«
Lalù
al
gh'à
la
facia
da
fascista!
».
Disse
all'amico
che
si
trovò
subito
d'accordo.
«
Fascista!
»
gridò
al
nuovo
venuto
che
si
guardava
attorno
senza
capire
a
chi
dicesse.
Allora
il
Ghi-Ghi
gli
si
avvicinò
e,
puntandogli
un
dito
sotto
il
naso,
gridò
di
nuovo:
«
Fascista!
Al
so
veh
ch'a
t’
sì
un
fascista
».
(Lo
so
che
sei
un
fascista)
«
Fascista
a
mi?
»
esclamò
indignato
lo
sconosciuto
allungando
una
sberla
al
Chi-Chi,
che
cominciò
a
scappare
girando
attorno
ad
un
tavolo.
L
'uomo
però
era
molto
alto,
e
con
le
sue
sberle,
riusciva
a
colpirlo
anche
attraverso
il
tavolo.
«
A
riväva
dill
s'ciafi
dapartutt,
a
n'ò
mäi
vist
di
bras
acsì
longh
».
(Arrivavano
sberle
da
tutti
i
lati.
Non
ho
mai
visto
braccia
così
lunghe)
raccontava
in
seguito
il
Chi-chi.
UNA
PARTITA
TRUCCATA
Il
Chi-chi
passò
un
brutto
momento
anche
in
un'altra
occasione.
Si
era
negli
anni
50
ed
egli
giocava
a
«
concia
»,
da
Giglén,
con
un
avversario
disposto,
come
lui,
a
giocare
d'azzardo.
La
fortuna
era
dalla
sua
parte
anche
perché,
per
non
rischiare,
egli
si
era
accordato
con
i
due
compari
che
contavano
i
punti;
uno
per
ciascun
giocatore.
Il
Chi-chi
vuotò
le
tasche
del
suo
avversario
che,
incautamente
si
giocò,
oltre
che
i
soldi,
anche
il
carico
di
un
camion
pieno
di
legna
da
ardere
che
aveva
in
strada.
L
'uomo,
che
abitava
a
Fornovo,
tornò
a
casa
con
il
camion
vuoto.
Il
danno
non
era
piccolo
perché
la
legna
era
una
merce
preziosa
e
ricercata.
A
suo
fratello
la
cosa
non
piacque
molto
e
decise
di
affrontarla
a
modo
suo.
Egli
era
il
famoso
«
Càto
»,
un
partigiano
noto
perché
non
aveva
paura
nemmeno
del
diavolo.
Si
raccontava
che,
durante
la
guerra,
egli
avesse
il
coraggio
di
venire
in
città
in
motocicletta
con
il
mitra
sotto
il
tabarro
disposto
ad
usarlo
nel
caso
fosse
stato
fermato
da
una
pattuglia
di
tedeschi.
Il
«
Càto
»
volle
conoscere
dal
fratello
il
nome
del
locale
e
si
fece
dare
una
sommaria
descrizione
dell'uomo
che
lo
aveva
vinto
a
“concia.”
Inforcò
la
moto
e,
arrivato
in
città,
piombò
dritto
in
Via
Imbriani.
«
Gh'é
'l
Càto
»,
gridò
qualcuno
al
Chi-chi
che
si
sentì
gelare
il
sangue.
«
An
gh'é
miga
'n'ältra
porta?
»
chiedeva
smarrito
all'oste
mentre
il
Càto
avanzava
con
determinazione.
I
dieci
minuti
che
seguirono
furono,
per
il
Ghi-ghi,
indimenticabili.