STORIE,
ANEDDOTI E BATTUTE |
BATTUTE VARIE |
|
Alcune
battute
di
personaggi
vari,
noti
e
non,
che
a
me
sono
piaciute
e
che
spero
possano
piacere
anche
ad
altri
che
ho
ascoltato
e
registrato
L’ARAGOSTA
Luciano
Zambrelli
faceva
l'allestitore
per
la
Salvarani
ed
era
spesso
in
trasferta.
Un
giorno
era
a
lavorare
dalle
parti
di
Trieste
dove,
assieme
ad
un
collega,
aveva
lavorato
sodo
per
finire
in
giornata.
I
due
andarono
a
cena
molto
tardi
e
siccome
non
c'era
tempo
per
fare
ricerche
si
fermarono
nel
primo
ristorante
che
incontrarono.
Era
un
locale
di
lusso
e
aveva
come
specialità
il
pesce.
Mangiarono
aragosta
e
bevvero
un
vino
bianco
adeguato.
Anche
il
conto
fu
adeguato
e
il
giorno
dopo,
quando
andarono
dal
ragioniere
per
il
rimborso
delle
spese,
questi
si
arrabbiò
molto.
Fece
loro
una
predica
e
concluse
:
"Mi
j'ò
sinquant'an
e
n'ò
mai
magnè
l'aragosta
!"
"L'à
fat
mäl
ragioner.
L'é
bon'na
bombén".
(Ha
fatto
male,
è
molto
buona)
IL
PAGAMENTO
Il
"Ghitta"
aveva
l'abitudine
di
andare
nei
negozi,prendere
qualcosa
e
non
pagare.
Se
ne
andava
dicendo:
"A
se
v'dèmma".
(Ci
vediamo).
Un
giorno,
per
distrazione,
andò
a
far
compere
in
un
posto
dove
era
già
stato.
Finita
la
spesa
se
ne
stava
andando
dopo
aver
pagato
con
il
solito
"A
se
v'dèmma"
quando
il
commerciante
lo
bloccò
per
un
braccio
e
gli
chiese
a
muso
duro:
"
A
ne
s'
semia
miga
bele
vist
?!"
(Non
ci
siamo
già
visti
?)
MISERIA
Mi
raccontava
un
anziano
abitante
di
borgo
Torto
che
tra
le
due
guerre,
nella
sua
famiglia,
per
letto
avevano
tavole
di
legno
montate
su
cavalletti
e
per
materasso
i "scartoc"
del
granoturco.(l'involucro
esterno
che
protegge
il
frutto).
Al
mattino
vi
infilavano
una
mano
e
li
muovevano
un
po'.
"A
gh'era
dentor
dil
simzi
(cimici)
che
quand
i
gnèvon
fora
i
parèvon
i
prét
al
conclavo".
(C'erano
dentro
delle
cimici
che
quando
uscivano
sembravano
preti
al
conclave))
Raccontò
anche
di
quando
volevano
multare
suo
nonno
perchè
accusato
di
bloccare
dolosamente
il
contatore.
Era
uno
di
quei
contatori
giganteschi
di
una
volta
che
non
erano
chiusi
ermeticamente.
Arrivò
un
controllore
che
lo
aprì
e
constatò
che
le
cimici
vi
avevano
nidificato
a
grappoli
e
bloccato
il
dispositivo.
Per
rendere
meglio
l’idea
di
quanto
andasse
male
mi
raccontò
che
in
casa
sua
erano
tanto
miserabili
ma
tanto
miserabili
che,
spiegò:
“Quand
a
sèmma
dvintè
povrett
èmma
fat
fésta
!”
(Quando
siamo
diventati
poveri
abbiamo
fatto
festa)
FERRAGOSTO
Ero
a
Chiavari
con
la
mia
famiglia
in
un
campeggio
posto
nella
sottile
striscia
di
terreno
che
c'è
tra
il
mare
e
la
ferrovia.
Dopo
i
primi
giorni
ci
eravamo
abituati
ai
treni
e
tutto
sommato
si
dormiva
abbastanza.
Per
ferragosto
venne
a
trovarci
lo
zio
Enzo,
parmigiano
doc,
il
quale
invece
si
svegliava
ad
ogni
passaggio
di
treno
e
quella
notte,
per
giunta,
c'erano
anche
quelli
speciali.
Passò
un
treno
lunghissimo
che
non
finiva
mai:
tatàn,
tatàn,
tatàn...,
lo
zio,
esasperato,
esclamò:
"Maledètt
ti
e
't
t'à
fat
!
Mo
co'
girot
dintorna
?!"
(Giri
attor
AL
TARDINI
Si
era
al
Tardini
negli
anni
in
cui
nel
Parma
giocava
un
certo
Marchi
che
era
bravo
ma
aveva
il
vezzo
di
voler
sempre
scartare
gli
avversari
e
di
non
passare
sempre
tempestivamente
la
palla
ai
compagni.
Stava
facendo
una
discesa
con
interminabili
zig-zag
e
senza
passare
la
palla,
quando
l'ortolano
Fornili,
detto
"Formìlli",
gli
gridò:
"Al
portot
a
la
crezma
col
balón
li
?"
(Lo
porti
alla
cresima
il
pallone
?)
ANOLINI
In
"Corale
Verdi",
alla
presentazione
del
bel
libro
"L'anolino
di
Parma"
di
Giuseppe
Spaggiari
ero
seduto
alle
spalle
di
Felice
e
la
Lidia.
Vedendo
che
c'era
pieno
la
Lidia
commentò:
"Guärda
Felice
quanta
genta
!"
"Al
credd.
Mo
se
inveci
che
d'anolén
as
parläva
äd
riz
a
n'in
saris
gnù
meno".
(Lo
credo.
Ma
se
invece
di
anolini
avessimo
parlato
di
riso
ne
sarebbe
venuta
meno))
MUSICA
E
POESIA
Alla
Famija
Pramzana
si
festeggiava
il
musicista
Pierino
Barbieri.
La
serata
vide
un
alternarsi
di
suonate,
canti
e
letture.
Anche
Bruno
Lanfranchi
aveva
letto
qualcosa
e
se
la
stava
godendo
un
mondo.
Gli
dissi:
"Bella
serata
Bruno,
co'
n'in
dit
?".
"'Na
seräda
con
musica
e
poesia
l'é
la
coza
pu
béla
ch'a
se
gh
sìa".
(Una
serata
con
musica
e
poesia
è
la
cosa
più
bella
che
ci
sia)
LOGICA
A
Montechiarugolo
c'era
un
negoziante
di
vacche
(negosiant
da
bestji)
che
dopo
anni
di
lavoro
e
una
vita
parsimoniosa
aveva
messo
assiema
una
non
trascurabile
fortuna.
La
raggiunta
agiatezza
non
gli
aveva
fatto
cambiare
stile
di
vita
e
continuava
a
viaggiare
in
bicicletta.
Al
figlio
invece,
raggiunta
la
maggiore
età,
aveva
regalato
una
bella
automobile.
Un
giorno,
davanti
al
bar,
qualcuno
gli
disse:
"Cme
mäi,
sior
Frarén,
so'
fiól
al
gira
in
machina
e
lu
inveci
in
bicicletta?"
(Come
mai
signor
Ferrarini
suo
figlio
gira
in
macchina
e
lei
in
bicicletta
?)
"Parchè
me
fiol
l'é
fiól
d'un
sior
e
mi
son
fiól
d'un
povrett".
(Mio
figlio
è
figlio
di
un
ricco
mentre
io
son
figlio
di
un
povero).
ARLIA
L’amico
Fausto
incontrò
un
conoscente
che
lo
salutò
dicendo:
“Ingegnere
carissimo”
“Carissimo
l’é
‘l
dentista,
miga
l’inzgner”
Rispose.
MOLINAIO
“Cambia
molinär,
cambia
lèdor”.
Recita
un
antico
proverbio.
I
contadini
infatti
portavano
il
frumento
al
molino
e,
dopo
qualche
giorno,
ritiravano
la
farina
sperando,
senza
contarci
troppo,
nell’onestà
del
molinaio.
Il
concetto
è
ribadito
anche
nella
seguente
storiella
che
si
raccontava
nelle
stalle.
Un
parroco,
in
preparazione
alla
Pasqua,
pensando
a
come
organizzare
il
programma
delle
confessioni,
ragionava
tra
se:
“
Lundì
il
donni,
martedì
i
ragass,
marcordì
j
omi..no,
giovedì
j
ommi.
Marcordì
gh’è
‘l
molinar
!”
(Lunedì
le
donne,
martedì
i
ragazzi,
mercoledì
gli
uomini.
No,
giovedì
gli
uomini,
mercoledì
c’è
il
molinaio”)
PAIZANETT
Nel
medioevo
gli
abitanti
del
contado
erano,
anche
dalle
leggi,
meno
considerati
rispetto
gli
abitanti
della
città.
Anche
in
un
passato
abbastanza
recente
capitava
che
i
campagnoli
venissero
canzonati
con
nomignoli
tipo:
paizanètt,
soghètt
ecc..
Ora
le
cose
sono
cambiate
e
chi
abita
in
campagna
è
ritenuto
un
privilegiato.
Purtuttavia,
in
modo
scherzoso,
questa
arlìa
talvolta
si
usa
ancora.
L’amico
Dodi,
ad
esempio,
per
canzonare
un
collega
“arioso”
gli
disse:
“Mo con vot saver ti ch’at stè int un paez che quand è rivè la corriera par la primma volta i gh’an miss davanti ‘na bala äd fén”.
(Cosa
vuoi
sapere
tu
che
abiti
in
un
paese
che
quando
è
arrivata
la
prima
corriera
gli
hanno
messo
davanti
una
balla
di
fieno)
MISERIA
L’amico
Dodi
Bruno
mi
stava
spiegando
come
un
tempo
la
gran
parte
delle
famiglie
vivesse
in
ristrettezze.
Parlando
della
sua
in
particolare
per
rendermi
bene
l’idea
mi
spiegò:
“In
ca’
mèjja
l’andäva
tant
mäl
e
seron
tant
mizerabil,
che
quand
sèmma
dvintè
povrètt
èmma
fat
fésta.”
(In
casa
mia
andava
tanto
male
ed
eravamo
tanto
miserabili
che
quando
siamo
diventati
poveri
abbiamo
festeggiato)
PROVERBI
Giorgio
Saccò,
che
si
autodefinisce
il
miglior
barbiere
di
borgo
delle
Colonne,
forse
perché
è
l’unico,
iniziò
a
lavorare
come
garzone
di
barbiere
all’età
di
12
anni.
Ora
ne
tantissimi
di
più
ma
non
molla.
L’altro
giorno
ero
nel
suo
negozio
quando
entrò
un
cliente,
suo
vecchio
compagno
di
scuola,
ancora
in
abiti
da
lavoro,
che
disse:
“Maledett
mi
e
quand
ò
studiè
da
murador!”
(Maledetto
me
e
quando
ho
studiato
da
muratore)
E
Saccò,
che
era
uno
studente
da
lasciar
perdere,
di
rimando:
“Acsì
t’impär
a
copiär
i
me
compit,
t’è
fat
‘na
bela
cariera!”
(Così
impari
a
copiare
i
miei
compiti.
Hai
fatto
una
bella
carriera
!)
CILIEN
Nel
negozio
di
Cilien,
il
famoso
e
simpaticissimo
orologiaio
nano,
compagno
delle
avventure
spassose
di
Alberto
Montacchini,
nel
suo
negozio
aveva
esposto
questo
cartello:
“Non
entri
chi
ha
fretta”
SLOGAN
Anni
fa
era
in
voga
uno
slogan
a
favore
della
birra
che
diceva:
C’ERA
UNA
VOLTA
Mio
padre
soleva
dire:
(Tutti
lavorano
ma
che
lavoran
bene
ce
n’è
pochi)
E
quando
voleva
fare
l’elogio
di
una
persona
che
stimava
lo
definiva:
“Galantomm
e
bon
äd
lovorär”
(galantuomo
e
capace
di
lavorare)
MODI
DI
DIRE
Un
tempo
erano
in
uso
dei
modi
di
dire
che
descrivevano
bene,
e
in
modo
pittoresco,
le
caratteristiche
delle
varie
fasce
d’età.
Pista
pòcci
letteralmente
“pesta
pozzanghere”.
Si
diceva
dei
bambini
già
più
grandicelli
che,
come
è
noto,
amano
pestare
le
pozzanghere.
Gamba
äd
sènnor
letteralmente
“gamba
di
sedano”.
La
gamba
del
sedano
è
lunga
e
fragile
e
l’epiteto
veniva
affibbiato
ai
ragazzini
che
nell’età
dello
sviluppo
aumentano
rapidamente
in
altezza
ma,
non
essendo
ancora
del
tutto
formati,
hanno
spesso
gambe
lunghe
e
magre.
Spumarén
I
ragazzi
lo
diventano
quando
cominciano
a
guardarsi
insistentemenete
nello
specchio
Bacucch
è
il
titolo
meno
ambito
e
per
conquistarlo
servono
anni.
Molti
anni.
STORIE
VARIE
REINCARNAZIONE
Un
anticlericale,
incrociando
un
prete,
in
modo
provocatorio,
disse:
“Sa
torn
a
nasor
a
fagh
al
pret
!”
(Se
torno
anascere
faccio
il
prete)
Il
prete
ribattè:
“Bravo!
e
intant
ch’a
te
csì
serca
anca
äd
nasor
pu
furob”
DAL
BARBIERE
Alcuni
giorni
fa
il
nostro
Vescovo,
mons.
Bonicelli,
era
venuto
in
borgo
delle
Colonne
a
farsi
tagliare
i
capelli.
C’erano
diversi
clienti
che
gentilmente
si
informarono
del
suo
stato
di
salute.
Il
Vescovo
minimizzava
i
suoi
disturbi;
“Solo
un
poco
di
stanchezza”
.
Nella
discussione
intervenne
un
cliente
che
disse
di
avere
due
malattie
gravi.
La
prima
era
la
“Pressione
alta”.
Il
Vescovo
commentò
che
non
era
cosa
da
sottovalutare
ma
che
si
trattava
di
una
malattia
che
ormai
si
poteva
controllare
bene.
Il
“malato”
convenne
che
in
effetti
quella
si
poteva
curare
ma
per
la
seconda
la
cura
era
molto
più
difficile.
I
presenti
vollero
sapere
qual’era
la
seconda
malattia
ed
egli
spiegò
che
si
trattava
di
“Pensione
bassa”.
Tutti
risero
compreso
il
Vescovo
che
commentò:
“E’
proprio
un
teatrino”.