PENSIERI PARMIGIANI

Giuseppe Mezzadri

FEBBRAIO 20010

IL GARZONE D'OFFICINA
 


Quando iniziai a lavorare, nel ‘54, l’addestramento dei garzoni d’officina comprendeva anche scherzi un po’ bonari e po’ sciocchi che, perň, avevano il pregio di “scantare i giovani. Al garzone poteva capitare di essere inviato a cercare attrezzi “fantasma” del tipo:

“Plata forta”, “squädor rotónd, “fil ‘d fér d’aluminio” e altri ancora.
 

I piů ingenui, talvolta, erano mandati dal parroco a prendere “téra d’ómbra dal campanil”. Oppure, se veniva a mancava corrente, all’Azienda elettrica a comprare “un scatlón äd corénta”. (Uno scatolone di elettricitŕ).
 

A 14 anni iniziai a lavorare in una officina meccanica perché mio padre voleva che diventassi “meccanico di precisione” per potere poi, in futuro, mettermi in proprio. Iniziava cosě la “carriera” a quei tempi. La mia paga era modestissima ma mio padre non se ne curava. Gli premeva soltanto che potessi imparare il mestiere e che fossi “sotta librett”. Usava cosě.

Anche all’amico Giancarlo Bigliardi, ad esempio, all’epoca anche lui garzone in un’officina, il padrone aveva promesso la paga “pigäda int ‘na foja äd znévor”. Siccome la foglia di ginepro č aghiforme intendeva dire che il ragazzo non doveva aspettarsi molto. In compenso,  quanto all’orario, gli aveva detto: “Né dě, né dě, a ot ór s’é chi”. (Tutti i giorni al lavoro alle otto e, se necessario, anche alla domenica).

 A questo proposito č indicativa il richiamo che un fabbro di cittŕ indirizzň al garzone che, alle otto di sera, stava sgattaiolando per andare  a casa. “Veh lommo, guärda ch’an n’č miga la v’gilia ‘d Nadäl!”. Compito del garzone era anche, dopo che gli operai avevano terminato il lavoro, pulire macchine e pavimento dell’officina. Dato il modesto compenso, nelle piccole officine, era consuetudine che sotto le feste di Natale i garzoni andassero a “porgere” gli auguri ai fornitori dell’officina: corrieri ecc. Qualcosa davano sempre. Era una vigilia di Natale e anch’io stavo facendo il giro “canonico” degli auguri. Mi presentai da un corriere dicendo: “Són gnů a portär j avguri”. “Mčtia lě”. (Mettili lě).

Vinto il primo imbarazzo insistetti: “Verament a són gnů anca a tórja su”. “Alora tója su, indň at j č  pozč i gh’én ancorra”. Esaurite le battute, il fornitore dette la mancia.
 

All’epoca, se entrando in officina si sentiva odore di alcol denaturato, era facile sentir dire:

“A gh’é odór äd cojón”. (Odore di sciocco perchč si č tagliato).
 

Erano i tempi in cui era normale pensare che, se qualcuno si infortunava, la colpa era soprattutto sua che non era stato attento. In realtŕ anche se č vero, come dice il mio amico Roberto, che “da furob an s’é mäi fat mäl nisón”, oggigiorno la prevenzione degli infortuni č tenuta in sempre maggior conto. A sedici anni, entrai a lavorare alla Oreste Luciani. Era una bella azienda che costruiva caldaie e macchine per “chiudere” i barattoli di conserva; le graffatrici. Quando ha chiuso i battenti mi č dispiaciuto perchč č stata una bella officina in cui mi ero trovato bene. C’era gente che sapeva lavorare bene. Dalla Luciani sono usciti abili artigiani e imprenditori che hanno dato vita ad altre ditte molto importanti come: Vettori e Manghi, Rossi e Catelli, Cagnin e Guarneri e altre. Lavorava colŕ anche Ghiretti il fondatore della ditta OCME. L’inizio perň fu traumatico, un fratello del titolare, Berto Luciani, il primo giorno di lavoro, mi accolse cosě: “Serca äd zmumjärot parchč at gh’č un po’ la facia da stuppid”. “zmumjärot” stava per  “scantati”.
 

Superato il tirocinio cominciai a lavorare al tornio. All’epoca non erano ancora molto usate le tolleranze di lavorazione espresse in numeri e sigle inequivocabili.  C’erano comunque degli artisti che riuscivano a lavorare in modo molto preciso ugualmente basandosi sull’esperienza e su indicazioni orali.
Esisteva un gergo. Il metallo asportato dal tornio si chiama “truciolo” e l’operazione di asportare il metallo si dice “dare una passata”; in dialetto “pasäda”. La “passata” puň essere profonda quando si “sgrossa” e leggera quando si esegue la “finitura”. Indicazioni riferite alla sgrossatura: ‘na pasäda, ‘na béla pasäda, ‘na zgrosäda, ‘na béla zgrosäda. Indicazioni riferite alla finitura: un’idea, un’ómbra, ‘na plucäda, ‘na zbarbiziäda.

Non ci giurerei sulla assoluta esattezza della graduatoria. Infatti non sono certo che “un’idea” sia meno di “un’ómbra” e questo vale anche per la “zbarbiziäda.”
 

Anni piů tardi i “garzoni” diventarono “apprendisti” e le cose migliorarono anche per loro.


 

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