Giuseppe Mezzadri
PROVOCAZIONE
Nel dicembre scorso, nel teatro di San Benedetto, Lorenzo Sartorio e Pietro Bonardi hanno presentato il libro di Mezzadri “Pärma e Brazil”.
Mentre Sartorio ha esplorato la parte più attuale del libro, Bonardi ha approfondito la parte che riguardava alcuni aspetti storici trattati. In quell’occasione Bonardi, ha introdotto nel suo commento una simpatica provocazione a proposito della “parmigianità”.
Ha detto tra l’altro […Ho avuto l’accidentale combinazione di pubblicare, insieme e con l’aiuto dell’indimenticabile grecista e latinista mons. Giacomo Zarotti (Maiatico 1913- Parma 1983), la vita del pittore Giovanni Lanfranco (Parma 1582- Roma 1647) composta in limpido latino dall’agostiniano padre Isidoro Grassi (si sa solo che è morto a Parma il 30 aprile 1734): l’autore, ad un certo punto, se la prende con i piacentini perché, “falsa iactantes” (sbandierando delle bugie o del canéli), vogliono negare la “Parmensitas” di Lanfranco per attribuirgli la “Placentinitas”; per confutare una tale tesi, il Grassi adduce numerosi documenti e testimoni allo scopo precipuo di far sì che “gustent et cognoscant Posteri Lanfranchi Parmensitatem”…].
Ha poi ha continuato dicendo:
[…A chi riconosciamo, per quel che vale e ben sapendo che si tratta di un cavillo spudorato, il diritto di fregiarsi della “parmigianità”: solo a chi è nato sotto l’insegna crociata e giallo-blu dell’”Aurea Parma” che grida “hostis turbetur quia Parmam Virgo tuetur” o anche chi ha aperto gli occhi e ha cominciato e strillare, per esempio, a Rigoso o a Zibello?
Penso che nessuno abbia la storta intenzione di scavare un non valicando Rubicone tra città e contado, però adesso, tanto per continuare sulle rotaie della futilità insipiente, non sarebbe meglio parlare, come suggerisce la “Parmensitas” di padre Grassi, di “Parmensità” per non escludere nessuno del Parmense, invece che di “Parmigianità” che ha un forte sentore di esclusiva cittadineria?”.