Giuseppe Mezzadri
I proverbi sono stati definiti la saggezza dei popoli e
spesso è vero. Ci sono proverbi veramente di grande saggezza come ad esempio:“E’ mej un bon d’acordi che ‘na bon’na
sentenza”.
(E’ meglio accordarsi anche non al meglio piuttosto che
andare in giudizio)
Per contro vi sono proverbi che risentono del tempo che
passa e andrebbero aggiornati.
Si diceva ad esempio: “Ne
cäld ne zel in stan mej in cel”. Nel senso che l’inverno e l’estate
arrivano sempre anche se pure con ritardo. Quest’anno, a quanto sembra, “Il zél” sembra restare in cielo e così
avremo un altro proverbio da aggiornare.
Ma “l’aggiornamento” che mi preme sottolineare è relativo al
proverbio che recita:
“A guardär la lon’na a
s’ va int al fos”. A
guardare la luna (in alto) si va nel fosso.
Andrebbe aggiornato con la versione: “A guardär la lon’na ( o pr’aria) a s’ pista …..”.
A guardare in alto si pestano cacche di cane. Le strade sono
piene di queste porcherie che poi essiccano e diventano polvere che il vento
solleva e noi respiriamo. In particolare poi i bambini piccoli, più vicini alla
fonte, sono i maggiori fruitori di queste inalazioni non gradite. E’ uno
spettacolo indegno di una città civile con ambizioni europee. Oltretutto di
questo schifo non si può nemmeno dare la colpa agli extra comunitari. Possibile
che le autorità civili e sanitarie non possano fare nulla di più efficace visto
che non è possibile contare sulla buona educazione di tutti i proprietari di
cani ? Questi signori sono sicuramente una minoranza ma sono in numero
sufficiente per rendere indecorosa la città e, soprattutto, i nostri borghi.
Parlando dei "vecchi tempi" con un amico,
Gianpiero Caffarra, ora scomparso, osservava che la nostalgia per la nostra
gioventù non ci deve fare dimenticare i limiti e i difetti di quell'epoca. Mi
faceva notare come la scarsa cultura, ad esempio, portava spesso la gente ad
essere poco sensibile nei confronti delle persone che avevano difetti fisici.
La maggior parte delle persone non si rendeva conto di quanto potessero
soffrire gli interessati a motivo di come questi difetti venivano evidenziati.
Alcuni esempi. Se uno era zoppo facilmente veniva chiamato; “gambalissa” o “gamba ‘d leggn” o “gomma a
téra”. Un guercio; “bél océn”.
Chi aveva bisogno degli occhiali, se gli andava bene; “quatroc’”
Chi mancava di una mano; “monchén”. Chi aveva il naso grosso; “canapja”. Un non udente; “sórd”
(Un famoso “sórd” è stato l’oste di borgo Sorgo). Uno grasso; “pansa ‘d dolégh”.
Se uno era rosso di capelli si sentiva dire che; “Al pu bón di ross l’à butè so pädor int-al
fos e ‘l pu cativ al l’à magnè viv”.